“BEATI” GLI INVITATI – domenica 16 GENNAIO 2021

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-11)
 
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
 
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
 
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
 
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
 
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

​In un contesto nuziale di gioia e di festa, Gesù a Cana di Galilea, in una cittadina a ridosso del lago di Tiberiade, mette i primi passi per quel progetto di beatitudine che caratterizzerà la vita dei primi e dei futuri discepoli. 

​È a Cana di Galilea che inizia un nuovo cammino che sta and stap indicherà un nuovo cammino. È una storia di un cammino rivolta a chi non intende sentirsi il centro del mondo rimanendo da solo in un angolo del mondo al riparo dagli altri. È una storia ed è un’esperienza contraddista dall’amore che non intende circoscriversi in un ambito soggettivo. È una storia che parla al plurale e che vede i fratelli camminare insieme piuttosto che marciare insieme a suon di regole e prescrizioni. 

​È a Cana di Galilea che, in un contesto nuziale in cui viene a mancare qualcosa di importante e indispensabile, che avviene qualcosa di eccezionale. Il cammino di questa storia d’amore sembra bloccarsi fin dai primi passi. A Cana, infatti, manca la voglia di amare. È quella logica che confonde il dono con la convenienza. È la logica dell’interesse che prevale su quella del creare un futuro per l’umanità. È la strana avventura di chi crede solo di accasarsi senza eliminare le scorie della possessività che caratterizza i percorsi dell’uomo. 

​È a Cana di Galilea che manca la logica del dono. Manca quel “sangue dell’alleanza” che sarà versato per “tutti”. Non un sangue come dono per eletti e privilegiati, ma per un’umanità che, sebbene brancola spesso senza meta, va riscattata e abilitata ad agire nei percorsi d’amore che dovrebbero caratterizzarla. 

​Sebbene Gesù sembra non porre immediatamente attenzione a quanto manca alla logica dell’amore per un tempo non ancora giunto, Maria sua madre, donna dell’ora prima, lo sollecita. È quella logica di maternità irrefrenabile che non c’è nel cuore nemmeno di Gesù, ma che da semplice e categoriche parole viene subito ribaltata.

​Gesù trasforma l’acqua in vino, mostrando chiaramente che è Lui il dono che rende tutto nuovo quanto manca alla vita di tanti. È lo stesso dono che Lui indicherà alla Samaritana dicendo di essere l’acqua della vita. È lo stesso dono che Lui concederà all’umanità quando il soldato gli trafiggerà il costato. 

​C’è solo da domandarsi: fino a quando bisogna donare perché tutto possa “tramutarsi” in qualcosa di nuovo?

​“Fino all’orlo”! In altri termini bisogna non lasciare nulla fuori dalla strategia del dono per cambiare e rinnovare. Nessuno dev’essere escluso dall’amore. Infatti, non basta essere cristiani. Bisogna rinnovarsi e costruire insieme un futuro nuovo fatto di amore che coincida con il dono di sé per il bene di tutti. 

​È solo l’inizio di un cambiamento che non può e né dev’essere circoscritto. È l’inizio del cammino dei “beati”. Bisogna domandarsi: “beati” gli invitati o “gli invitati “beati”?

​È chiara una cosa fin dall’inizio, fin dai tempi di Cana: Gesù delinea un cammino per i “beati”. Questi non sono i cristiani dell’indifferenza, del “faremo dopo”, del “quando avrò tempo”, del rimando e di chi più pensa che amare significa accomodare i propri interessi. 

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​Gli invitati sono “beati” e quindi coinvolti in una storia d’amore quando s’impegnano ad essere costruttori di amore, artigiani di pace e giustizia, sposi di vita che s’impegnano per il futuro dell’umanità, operai del servizio agli ultimi, distributori di dono a chi non possiede più nulla e collaboratori di una Chiesa che fa festa per ognuno che entra e sta con il Signore. 

“Beati” gli invitati perché saranno per sempre invitati “beati”.

Il vostro parroco

Antonio Ruccia