«È L’ORA DI APRIRE LA BIBBIA CONTRO IL VIRUS, NEMICO DELLA COMUNITÀ»

Fede e coronavirus. La Quaresima di quest’ anno, davvero inedita, ci coglie in cammino verso il buio del Getsemani, la brutalità del Calvario, ma anche verso la luce che promana dalla Resurrezione dell’ alba di Pasqua. “Nell’angoscia ho gridato al Signore; mi ha risposto, il Signore” (Salmo 118). Abbiamo voluto aprire un Diario della speranza e raccogliere le riflessioni di diversi personaggi, dal cardinale al prete di strada, dal monaco al vescovo, che ci accompagnano verso la Pasqua. A ognuno abbiamo posto proposto questa traccia di riflessione: «Cosa suggerisce, basandosi sull’ Antico e Nuovo Testamento, sulla scorta del Magistero e della sua esperienza pastorale, ai familiari che hanno perso un loro caro, agli ammalati che stanno combattendo contro il virus, alle persone che hanno una paura profonda e paralizzante per sé, per i propri cari, per l’ Italia?».

Il settimo contributo è di don Antonio Ruccia*

Imbustato, imbavagliato, impacchettato. Comunque è arrivato! Ma chi? L’ indesiderato.

Non so di chi stai parlando. Proprio tu, uomo della strada che cammini passando oltre senza mai fermarti , che non entri mai nella casa del  Signore. Io continuo a vivere e non capisco chi sia questo indesiderato.

A dir il vero ieri, per caso, ho visto, stando sulla soglia della mia parrocchia, mentre meditavo quel progetto di inculturazione a cui fa riferimento l’ ultima Esortazione Apostolica di papa Francesco che parla di globalizzazione ma anche d’ integrazione e che propone di mettere insieme una spiritualità nuova che unisca una religiosità sociale con una spiritualità trascendente“per far risplendere la vera bellezza del vangelo, che è pienamente umanizzante, che dà piena dignità alla persone e ai popoli, che riempie il cuore e la vita intera”[1], che nell’ aria qualcosa era cambiato.

Ed io … indaffarato a bruciare le palme dello scorso anno per ricavare le ceneri per la celebrazione di inizio quaresima, non ho tenuto per nulla in considerazione chi invitava a non creare assembramenti di persone. Sentivo, però, nell’ aria qualcosa di diverso. Per questo mi sono ritrovato un po’ triste quando ho notato un calo di presenze.

Ho pensato: sono cambiate le abitudini? Ma poi … mi è tornata in mente quella parola singolare: l’ indesiderato. Mi sono precipitato a scoprire chi fosse e una voce strana mi ha detto che come un emigrante, proveniente dall’ Oriente, oltrepassando le frontiere è giunto proprio all’ inizio della quaresima un certo virus di nome corona.

Cosa è venuto a fare da noi? Da dove proviene? Non certo credo sia venuto per fare un itinerario di fede quaresimale, né tanto meno per incontrare illustri personaggi evangelici come una donna di Samaria, un non vedente e un certo Lazzaro che viaggia tra la vita e la morte. Forse è arrivato per incontrare Gesù carico di una croce, oppure è venuto per far parte dei nuovi schiodanti del terzo millennio pronti a sradicare le croci dei poveri, degli ultimi, delle donne violentate, dei disabili, dei malati di Sla o di distrofia muscolare, di anoressia e bulimia e provare con loro a vivere la Pasqua?

No! Mi hanno detto che distrugge ed uccide … tutti quelli che fanno comunità. Comunità … la parola magica su cui ho costruito tutto il mio ministero sacerdotale, in centro città, in periferia, in un paese, tra i poveri della Caritas e ora tra i professionisti della città nuova!

Un nemico della comunità. E allora come faremo a celebrare  – mi son detto – i giorni della Pasqua con la lavanda dei piedi, la croce da baciare, il fuoco da accendere, la gente da confessare, i ragazzi da coinvolgere e l’ Eucarestia da condividere?

Un indesiderato, imbustato, ingabbiato, impacchettato che distrugge tutto! Lo sanno bene i familiari dei tanti che piangono perché non vedranno più i loro cari. NO!!!

Mi sono inginocchiato dinanzi al tabernacolo. “Nell’angoscia ho gridato al Signore; mi ha risposto, il Signore” (Salmo 118). Ho capito: sarà una Pasqua rivoluzionaria. Il Signore ci chiede di passare da una Chiesa della mortificazione e della normalità ad una comunità della risurrezione e dell’ innovatività.

Sì! Anche questa è una proposta. Una Pasqua in cui, anche se a distanza, anche se in un attimo tutti si sono scoperti social e telematici e si ritrovano a contare quanti contatti hanno fatto in un giorno, anche se tutti si ritrovano tristi tra i banchi vuoti nelle chiese, anche se purtroppo le persone sono diventate numeri e i veicoli militari carri funebri diretti, ahimè, ai forni crematori, c’ è sempre un’ alba che continua a ridirci che la brutalità del Calvario è stata sradicata da nuovi schiodanti.  Nicodemo, Giuseppe d’ Arimatea non avranno difficoltà a lasciare il posto a Tonino Bello o a Chiara Luce Badano, né a Carlo Acutis o a Santa Scorese e nemmeno ai tanti volontari chiamati a  dar da mangiare agli affamati, a dar da bere agli assetati, a vestire di dignità quelli a cui è stata usurpata, ad accogliere poveri e stranieri, a visitare i carcerati e gli ammalati, perché questi non sono uomini e donne di facciata. Questi sono schiodanti e misericordianti che anche nella quaresima dell’ indesiderato virus corona  non lasciano solo Gesù sulla via dolorosa. Non lo lasciano solo anche gli schiodanti e i misericordianti che s’ impegnano nella ricerca del bene e di coloro che vivono nel dubbio e nell’ ignoranza, che lavorano per la pace e la giustizia e che hanno scelto di consolare e non di abbandonare ultimi e poveri per non farli morire nell’ anonimato.

E’ questo il tempo in cui tutta la Chiesa deve cominciare a svoltare verso l’ evangelizzazione. La paura ed il timore di questi giorni non devono essere un alibi per continuare a tenere la mente chiusa ed impenetrabile e lo sguardo coperto dai soliti paraocchi! E’ questo il tempo di passare dalla sacramentalizzazione per tornare all’ evangelizzazione. Il coronavirus vuol farci comprendere che non è più il tempo di stare nelle chiese e, se oggi siamo costretti ad utilizzare i media per osservare le restrizioni necessarie, domani, appena sarà possibile, dovremo, senza por tempo in mezzo, proclamare per le strade, fino agli ultimi confini della terra, che Cristo è amore, è misericordia, è pace, senza più nasconderci dietro i “non ce la possiamo fare” nel risollevare qualcuno.

Questa è l’ ora propizia perché si riaprano le Sacre Scritture, perché i biblisti comincino a porgerci la Parola ed i pastoralisti a rinnovare le pratiche ecclesiali perché al più presto torneremo a riempire le nostre strade ed i nostri oratori potranno rianimarsi di giovani di tutte le razze.

Fermiamoci ancora un po’ per ripartire e accendere di luce e di vita quanto oggi è solo un crepuscolo di morte.   Non lasciamo che l’ indesiderato prenda il largo. Presto sarà il tempo di andare. Oltre il Crocifisso di Gerusalemme c’ è un Vangelo da portare.

La quaresima continua comunitariamente oltre il Calvario in una splendida alba di Pasqua. E … continua anche nella vita.

[1] Querida Amazonia 76

Don Antonio Ruccia è nato a Modugno(Bari)  il 31/01/1963. Laureato presso la Pontificia Università Lateranense, è stato direttore della Caritas di Bari Bitonto. Attualmente è parroco di San Giovanni Battista e docente di Teologia pastorale alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà teologica di Bari, oltre che vicario zonale

Fonte famiglia cristiana