RI-NASCERE … SENZA INDUGIO – 1 gennaio 2021

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21)

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

              Se dovessimo cercare un verbo da usare per sintetizzare quello che i pastori hanno vissuto a Betlemme all’arrivo alla mangiatoia dopo l’inaspettato annuncio notturno che li aveva scossi profondamente, non avremmo alcun problema a trovarlo. Quel verbo è rinascere.  Quella notte, infatti, ha segnato per loro quella rinascita che da tempo aspettavano e soprattutto ha mostrato a noi che il cammino verso e da Betlemme non è ancora terminato.

          Il brano evangelico di Luca, che di descrizioni e dettagli è un maestro, è un vero e proprio inno alla vita. Un inno che nasconde un invito a proseguire il cammino. Insomma, un canto d’amore che gli angeli avevano intonato e cantato con le loro voci suadenti supplendo anche a quelle dei pastori che, con la loro raucedine dovuta all’umidità notturna, avevano tantissima difficoltà a cantare, ma anche un canto che richiedeva per loro e oggi per noi, un nuovo passo per non rimanere ancora nell’oscillazione tra meraviglia ed indifferenza.

          Non c’è alcun dubbio che il canto degli angeli, quell’inno alla pace e alla vita che hanno lanciato nella “notte santa”, chiamava i pastori a ri-nascere. Insomma, a nascere una seconda volta e a cominciare una strada che non li avrebbe più visti ai margini della scena, ma protagonisti indispensabili perché il messaggio potesse essere trasmesso. E’ proprio lì che i pastori sono diventati soggetti di una storia tutta nuova.

          Per questo, andarono senza indugio. In altri termini misero da parte le loro paure e si misero in cammino. Un cammino che qualcuno pensò fosse di solo andata e di semplice attestazione di un avvenimento da “prima pagina”. In realtà, il cammino richiedeva un ritorno in cui sarebbero diventati protagonisti per un tempo che da allora … non si è ancora concluso.

          Senza indugio vuol dire prendere il coraggio a due mani e camminare verso nuovi traguardi.  Il loro viaggio c’insegna che non basta appartenere alla “Chiesa delle attestazioni e delle dichiarazioni”, ma è determinante diventare Chiesa in uscita. Quella che non si lascia influenzare e condizionare quando deve tornare per comunicare che il Bambino visto nella mangiatoia intende, con la stretta collaborazione di tutti, costruire un regno di pace. Un regno che abbia cura di tutti. Per questo è necessario che sia una Chiesa che promuova la dignità e i diritti della persona, che agisca nella logica del bene comune, che faccia della solidarietà il criterio di giudizio delle sue opere di carità, che non dimentichi che il creato non va depauperato, che non abbia timore ad affermare che le armi non sono la legge su cui modellare le prospettive del futuro.

          Senza indugio è lo slogan della Chiesa in uscita.

Quella della ri-nascita, che crede nel futuro e nel domani. Quella che modella i suoi percorsi sui passi dei piccoli e di chi non gioca sulla vita altrui. Quella Chiesa che dovrebbe impegnarsi accanto alle famiglie, per far uscire i tanti che oggi si chiudono alla vita perché temono per un bambino che nasce. … Non una Chiesa delle restrizioni, ma … delle innovazioni perché ogni bimbo sia abbracciato  …. E’ l’ora di una Chiesa delle proposte che non si spengono quando i riflettori sono stati smontati. … Natale è una con-vocazione, una chiamata collettiva alla vita, che, nonostante l’angoscia per la pandemia, ci veda tutti impegnati a dare un futuro di pace ai bambini vittime di violenze, a quelli armati, ai più soli, agli abbandonati e a quelli confezionati delle città del primo mondo, per affermare che … credendo (nel Bambino di Betlemme) il mondo potrà rinascere” [1]   

          Ri-nascere senza indugio per rimettere in vita e modellare l’attività di una ripresa che è già cominciata sui passi di chi oscilla tra l’accoglienza e l’affido, tra l’accompagnamento di chi ha sbagliato e il coraggio di scardinare il tarlo dell’aborto o dell’eutanasia da parte di chi crede di essere da solo al centro di tutto.

          Una Chiesa che va senza indugio perpromuove la cultura dell’amore. Se vi dico che uno stelo di speranza è già fiorito, è perché voglio esortarvi a recuperare un genere diverso di vita e un nuovo gusto di vivere. E’ perché voglio invitarvi a stare nella crisi attuale senza rassegnazioni supine, ma con lucidità e coraggio. E’ perché  voglio stimolarvi ad andare controcorrente e a porre sui valori morali le premesse di un’organica cultura di vita, che possa battere ogni logica di distruzione, di avvilimento e di morte. Gesù che nasce in questo desolato (anno), è il segno di una speranza che, nonostante tutto, si è già impiantata sul cuore della terra.[2] 

          La Chiesa in uscita è quella che ri-nasce e crede che ogni giorno non si può sostare dinanzi al presepe. Se, infatti, sotto la croce sono richiesti gli schiodanti pronti a non lasciare appesi i crocifissi della storia, dinanzi ai presepi urge che ci siano i viandanti pronti a partire per diventare missionari e non arrendersi al primo ostacolo che certamente troveranno dietro l’angolo.

          Sia Maria, madre di Dio, donna incurante del quieto vivere, a mostrarci i percorsi di vita nuova che ci attendono e a sostenerci nel procedere senza indugio verso nuovi obiettivi che s’intravedono ai nostri orizzonti.

Il vostro parroco

Antonio Ruccia     


stellario casino A. RUCCIA, Quella creatura nella culla dal dramma alla gioia, in Sovvenire 4(2020), 14-15

ristoranti a casina A. BELLO, Buon Natale amico mio, in Il Grembiule, 51(2020) 1