Passare – epifania 2021

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)



Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

              Ci sono due modi per intendere questo verbo. Il passare riferito al tempo che è già trascorso, che è andato via, che richiamiamo alla memoria per ricordare i pregi e i difetti di quanto è accaduto; il passare riferito al cammino, al cambiamento, a quel passaggio indispensabile per dare una svolta, in positivo, e guardare verso il futuro non solo per sognare qualcosa di bello, ma soprattutto per costruire una nuova vita per tutto ciò che si pensava essere già realizzato nella completezza o destinato alla distruzione.

       L’Epifania, la festa della manifestazione del Signore, svela al mondo un passaggio: il volto di un Dio che oltre a non collocarsi più a distanza dall’uomo, si lascia incontrare da un mondo “diverso”. E’ questo che ci permette di passare dalle nostre credenze e sicurezze ad un futuro diverso e immensamente bello e luminoso e di incominciare un cammino completamente nuovo. Un cammino in cui nessuno è escluso e dove ognuno contribuisce a creare un mondo di pace perché nessuno è più un lontano o uno straniero.

         L’arrivo degli ospiti inaspettati provenienti dall’Oriente a dorso di cammello che chiedono informazioni sulla nascita di un re, mette tutti in difficoltà. Questo passaggio di strane carovane che cercano Gesù, il bambino, sono capitanate da Magi. Magi sapienti che avrebbero dovuto avere in loro le certezze, ma che, al contrario, si mettono in cammino con la consapevolezza che nessuno è perfetto e che tutti possono diventare collaboratori di un mondo diverso. Un mondo “dalla parte del mondo”. Un mondo che mette da parte gli interessi egoistici e si pone in relazione con l’uomo. Un mondo in cui “dal carattere sociale dell’uomo appare evidente come il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società siano tra loro interdipendenti”.[1]  

         I Magi  sono i popoli che cercano da lontano la luce di un mondo migliore che ancora non hanno incontrato. Sono coloro che, pur lavorando per una società senza discriminazioni, hanno difficoltà a scorgere che un Bambino, un piccolo, dalla stalla di Betlemme lancia non una semplice zavorra di salvataggio, ma un vero invito a diventare collaboratori di un mondo nuovo. Sono anche i lontani, quei  tanti assenti dalle nostre assemblee liturgiche e dai nostri ambienti. Sono quelli che stentano a fare quel salto di qualità perché non hanno mai incontrato Gesù … oppure non gli hanno mai offerto l’opportunità di incontrarlo perché non hanno mai letto una pagina di Vangelo, non hanno mai servito ad una mensa dei poveri, non hanno mai lavato le piaghe dei senza fissa dimora, non hanno mai asciugato le lacrime dei senza lavoro, non hanno mai voluto mettersi in gioco e soprattutto non sono mai passati dinanzi al tabernacolo e in silenzio hanno messo se stessi a disposizione “per sempre” del Signore.

         Con l’Epifania, Dio si apre, per mezzo del Bambino, all’umanità. Proprio a quella più litigiosa, più pronta alla chiamata alle armi, più difficile da incontrare. E’ lui che accende “una stella” perché si pone in dialogo con tutti.

         Si comprendono così i doni dei Magi. Doni che racchiudono in sé le proposte per il domani. Un domani che sarà per tutti certamente diverso da quello odierno. Un domani fatto dai volti segnati dalla sofferenza fisica e da quella pandemica; dall’angoscia di chi non sa se domani tornerà a casa con la busta paga o con una lettera di licenziamento; da chi continuerà a stare nel presepe con lo sguardo del “trasognato” o da chi si “trasfigurerà” con la faccia tosta, prendendosi una serie di improperi, ma alla fine griderà a tutti che è iniziato un tempo nuovo.

         L’oro non dovrà più essere “il bene rifugio”. Dovrà necessariamente essere un bene da investire perché è il segno di chi dona il meglio e non lo conserva solo per sé. La vita, l’ingegno, le doti recondite e l’amore per tutti non sono beni da immagazzinare,  ma da reinventare.

         L’incenso non dovrà più essere solo un’essenza per profumare e togliere cattivi odori.  Dovrà diventare parola di vita. Voce che va oltre ogni logica diplomatica. Voce che non solo promette, ma s’impegna per un  investimento nel lavoro. Un lavoro che dovrà coincidere con impegni di pace non solo da proclamare, ma da concretizzare nella lotta contro ogni forma di guerra, da quella armata a quella nucleare.

         La mirra non dovrà solo far pensare alle tante amarezze che la vita riversa. Dovrà essere  il punto d’inizio per rilanciare una società “più pulita”. Un mondo che dovrà impegnarsi a diventare “casa comune” per dare a tutti l’opportunità di abitare nel mondo e non finire di distruggere quella natura che è la fonte della nostra vita.

    Nell’Epifania Dio si presenta come il Dio del dialogo, della cooperazione e della bellezza. 

         Per questo il viaggio di ritorno dei Magi dovrà essere anche il nostro passando da una Chiesa cattolica ad una cattolicità (universalità) della Chiesa.

                                                        Il vostro parroco

                                       Antonio Ruccia


[1] Gaudium et Spes, Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 25