DALLA COMPASSIONE ALLA LIBERAZIONE PER UNA SEQUELA D’AMORE – domenica 24 ottobre

Dal vangelo secondo Marco  (Mc 10, 46-52)



In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. 

    È a Gerico, il fiore del deserto – così era definita la città che sembrava sbocciare nel cuore dell’aridità desertica del sud d’Israele a oltre duecento metri sotto il livello del mare –, che Gesù sembra fare le prove generali del suo futuro ingresso a Gerusalemme. Gerico, infatti, era la città in cui si sostava prima di giungere a Gerusalemme per evitare la Samaria, i cui abitanti erano ritenuti una sorta di eretici per ataviche credenze del passato.

    Proprio a Gerico Gesù, passando per le strade, viene da tutti acclamato come “salvatore” e “liberatore”. In loro vi era la consapevolezza che Gesù era il punto terminale delle antiche attese. Era Lui che avrebbe dovuto liberare Israele dalle schiavitù straniere e avrebbe posto al centro di tutto il popolo ebraico che da sempre aveva subìto angherie e soprusi dai popoli stranieri. Gesù era visto come che il liberatore che avrebbe ricostruito l’antico sogno del regno, realizzando la speranza di cui avevano ampiamente fatto menzione tutti i profeti. Proprio come dice il profeta Geremia: Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito» (31,8-9)

    Il cammino di Gesù sembra interrompersi per la presenza di un cieco. Un tale Bartimeo ostacola per tanti la realizzazione di quel progetto politico-religioso tant’è che fanno di tutto per allontanarlo e farlo tacere. 

    L’insistenza e la voce altisonante di Bartimeo che chiama Gesù con il titolo di Figlio di Davide, richiama ancora di più l’attenzione di Gesù che ha a cuore tutti. Per Gesù Bartimeo non è un ostacolo, ma una proposta che apre nuovi orizzonti e nuovi crocevia. 

    Si ferma e lo fa chiamare. È uno dei pochi episodi biblici in cui Gesù non va incontro agli altri. Infatti, Bartimeo, lascia il mantello e compie esattamente il gesto contrario fatto da Eliseo che raccoglie il mantello di Elia per prendere tutti i suoi poteri e la sua forza, e s’incammina verso Gesù.

    Quando Gesù gli chiede cosa volesse, questi gli risponde la vista persa precedentemente e Gesù, oltre a donargli la vista non per l’insistenza ma per aver “visto” la sua fede, lo invita a mettersi in cammino insieme a lui. E lui si mette dietro Gesù indicando con questa sua scelta di voler intraprendere una strada nuova. Una strada di liberazione integrale dell’uomo e una strada che lo avrebbe dovuto condurre verso obiettivi di compartecipazione nel progetto di salvezza. 

    Bartimeo ha colto quanto Gesù aveva indicato ai suoi discepoli: Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua

    La liberazione di Gesù è segno di un impegno a vivere ponendo al centro il Cristo della croce che, oltre a superarla, propone a Bartimeo e all’umanità tutta di scardinare le croci per raggiungere progetti di salvezza per ogni persona. 

È l’impegno a riscattare tutti. È l’impegno a collocarsi accanto a chi non vede l’amore. È l’impegno a far uscire l’umanità dalle sacche dell’egoismo e dell’edonismo. È l’impegno di una Chiesa che non si limita alle compassioni, ma determina scelte di liberazione. È la Chiesa scardinante e determinante che apre annunci di liberazione e crea percorsi di fede di una Chiesa in uscita che si relaziona con tutti e scardina la religiosità dell’integralismo e del settorialismo per realizzare progetti si salvezza e d’amore in cui tutti possono trovare accoglienza.

“L’amore implica qualcosa di più che una serie di azioni benefiche” (Papa Francesco – Fratelli tutti – 94). Di qui nasce l’impegno ad una Chiesa che cura e continua, seguendo Gesù dietro la croce, a curare ogni voce fuori campo, come quella di Bartimeo, per riscattare ogni persona e ricominciare percorsi nuovi con tutti.

Il vostro parroco

Antonio Ruccia