DALLA QUANTITA’ ALLA QUALITA’ – DOMENICA 4 SETTEMBRE

DALLA QUANTITA’ ALLA QUALITA’ – DOMENICA 4 SETTEMBRE

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,25-33)
 
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
 
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
 
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
 
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
 
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
 
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

La folla diventa protagonista nell’esperienza del cammino verso Gerusalemme. Quel piccolo nucleo partito dal lago di Galilea sembra aumentare quotidianamente. E’ qui che Gesù si pone il problema se quantità possa essere sinonimo di qualità.

L’accrescere dei partecipanti avrebbe potuto farpensare che le coordinate per raggiungere la meta fossero quelle giuste e che le proposte enunciate avevano attecchito, anche se non si erano radicalizzate, nella vita di tanti. E’ proprio questo tipo di tentazione che Gesù cerca di evitare: la logica dell’accomodamento e del rimpinzarsi che avrebbe potuto far pensare che la formula della bella notizia era l’elisir di lunga vita che in tanti cercavano in Israele. 

E’ la stessa logica che sembra insinuarsi nella vita di tanti cristiani. E’ la logica di quanti pensano che l’essere cristiani sia semplicemente quel contarsi o quel pensare che le celebrazioni dove la gente sembra straripare nelle aule liturgiche, come nelle prime comunioni o nelle Messe del giorno di Pasqua, diano garanzia di fedeltà a Cristo e al Vangelo. E’ la logica di quella parte di sacerdoti che spesso pensa di appartenere ad una categoria “a parte”, una categoria a cui tutto è dovuto, e che il privilegio dell’otto per mille sia qualcosa di intoccabile. E’ la logica di chi, di padre in figlio, gestisce opere confraternali o esercita un ministero nella vita della Chiesa come se fosse di proprietà personale, con la pretesa di essere insostituibile.

E’ proprio per questo che Gesù si volge verso la folla e indica tre elementi essenziali per continuare il percorso: l’amore incondizionato a Cristo, la disponibilità a farsi carico della croce e la rinuncia ai propri averi.

E’ il momento del passaggio dalla quantità alla qualità. Cosa non da poco. Cosa che determina il prosieguodell’itinerario che non deve far pensare che la croce debba essere osservata da lontana e che Cristo sia una specie di “santino” da usare in caso di necessità o di grave malattia per poter uscire dall’anomala situazione in cui si è precipitati.

Per questo il passaggio   dalla quantità alla qualità non sta nell’amare Gesù subordinandolo ai legami affettivi. Amare non è sinonimo di convenienza o peggio ancora di convivenza. L’amore è spendersi senza interesse, consumarsi senza paura di perdere qualcosa, rinnovarsi senza pretendere di possedere la verità, credere che il mondo si costruisce con la fraternità e non certamente con la conflittualità. 

Inoltre il passaggio dalla quantità alla qualitàsta nel caricarsi della propria croce come garanzia di un discepolato che non rientra nella strategia del tornaconto. La croce non è sinonimo di sofferenza,come in tanti indicano, o di quell’astenersi da qualcosa per acquisire un premio futuro. Passare dalla quantità alla qualità significa caricarsi di chi vive il disagio, non aver paura nello spendersi per l’umanità e non andare oltre quando sulla strada s’incrocia una qualunque persona che è stata oltraggiata. 

Il passaggio dalla quantità alla qualità sta in un progetto di vita diverso. Se tante parrocchie restano spesso vuote di persone o se semplicemente si limitano a fare lo stretto necessario pur di sopravvivere come “chiesa”, forse non si sono accorte che la società viaggia su altri binari e che urge programmare un futuro di qualità attraverso esperienze di preghiera e di disponibilità che rasentano sempre la totalità del dono di sé in cui l’unico criterio è quello dell’amore senza tornaconto. La qualità dell’essere cristiani non si calcola con il numero delle preghiere o con i “fioretti”, che altro non sono se non forme di rinunce improduttive, ma con lo spendersi qualitativamente per tutti.

La qualità dell’essere cristiani dipende dalla volontà di lasciarsi coinvolgere senza se e senza ma. Siamo stati salvati dall’amore e non dalla sofferenza. E’ l’amore che ci fa qualitativamente cristiani e qualitativamente una Chiesa senza restrizioni e pregiudizi.

Il vostro parroco

Antonio Ruccia